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Channel: cineasti del presente – Nuovo Cinema Locatelli
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Locarno Festival 2013. Recensione: THE DIRTIES, la prima sorpresa del festival arriva da un ventenne. Con un film sul cinema come follia e macchina omicida

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OC702322_P3001_175580The Dirties, regia di Matt Johnson. Con Matt Johnson, Owen Williams, Krista Madison, David Matheson. Usa. Presentato nella sezione Cineasti del presente.OC702323_P3001_175582
Due ragazzi girano un fim sul bullismo nella loro scuola. Ma realtà e finzione finiranno col confondersi, con esiti micidiali. The Dirties porta la firma di un ragazzo ventenne, ed è una delle sorprese di questo Locarno. Cinema sul cinema, e una riflessione teorica sui rischi della cinefilia estrema. Voto 7+OC702321_P3001_175578
In una giornata come quella di ieri (7 agosto) di proiezioni-stampa mediocri, ininteressanti se non adirittura pessime, questo The Dirties è stata la buona sorpresa. Uno di quei film arrivati qui, come in altri eurofestival, dal Sundance e che le stigmate del Sundance-movie le porta impresse dappertutto: camera mobilissima fino alla nevrastenia a simulare-mimare-pedinare la realtà nel suo farsi, con apparente e invece calcolata sgangheratezza e sciatteria, e dunque immagini sfuocate, mosse, interrotte, imperfette, tutto quel repertorio di tic senza un tabù che ormai è il marchio, il segno di tanto cinema gggiovvane. Giovane, giovanissimo è questo The Dirties. A occhio deve avere sui vent’anni il suo regista e interprete e immagino factotum Matt Johnson. Uno che con qualche dollaro si è inventato e ha messo su prima una web-serie e adesso questa storia di due amici (uno lo interpreta lui e si chiama come lui, Matt, l’altro lo interpreta Owen Williams e si chiama Owen, tanto per spingere l’acceleratore sulla coincidenza-sovrapposizione tra realtà e fiction), studenti di un’high school in una qualche parte dell’America dei suburbia, che han deciso dopo anni di angherie di girare un film sul bullismo nel loro istituto. The Dirties è il titolo e The Dirties son loro due, gli angeli vendicatori, i giustizieri che muoveranno guerra ai Bastardi, i fighetti arroganti, prepotenti e ginnasticati che la fan da padroni nel territorio della scuola. Matt è il motore della faccenda, Owen lo segue con più distacco e meno entusiasmo in quell’impresa filmica. Matt è matto di cinema, ha la camera tappezzata di affiche, da Pulp Fiction a Schindler’s List, nel film che sta girando con Owen cita e rifà scene famose, e il bar lo chiama Rectum, come quello di Irréversible. Il copione prevede che il film finisca nel massacro dei cattivi. Matt prepara meticolosamente la scena della strage leggendo un libro su Columbine e rileggendo Il giovane Holden, e impossessandosi della mappe della scuola. E qui qualcosa di inquietante scatta. Realtà e sua rappresentazione si confondono sempre di più nella testa di Matt, tant’è che Owen comincia ad allarmarsi. Quando un professore mostra degli spezzoni di The Dirties alla classe, la conseguenza è che i due autori diventano bersagli di ulteriori teppismi e bullismi. Insomma, signora mia, è il cinema che imita la vita o è la vita che si plasma sempre più sul cinema? Finirà come deve finire, e già dopo mezz’ora si capisce cosa succederà. Che è il solo limite di questo notevolissimo film, uno dei pochi davvero interessanti visti finora a questo Locarno Festival. A guardarlo in superficie, The Dirties sembra l’ennesimo film su una strage a scuola, sull’onda e a imitazione del docu-verità di Michael Moore Bowling at Columbine, o di Elephant di Gus Van Sant o di A proposito di Kevin di Lynn Ramsey. Invece, è qualcos’altro, e di più originale, di meno derivativo. Questo è un racconto lucido sul cinema come follia, sulla cinefilia, sulla passione per il cinema che diventa patologia vera, schizofrenia, buio della mente. E un racconto sul cinema come macchina assassina. La vita di Matt è cinema e nient’altro che cinema, ogni frammento diventa scena e sequenza e materia narrativa. Come negli psicotici, nella sua testa è caduta ogni barriera tra cio che è reale e ciò che non lo è. Incredibile che un’analisi così disincantata della cinefilia estrema venga da un ragazzo ventenne. Massimo rispetto. Quanto al cinema come macchina assassina vengono in mente precedenti quali Peeping Tom di Michael Powell e un notevole horror visto qui a Locarno due anni fa e piuttosto sottovalutato, Dernière Séance. The Dirties segna la nascita di un autore, e vediamo se da queste parti la giuria di Cineasti del presente se ne accorgerà.


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